Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e
 difeso  ex  lege  dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui
 sede in Roma,  via  dei  Portoghesi,  n.  12,  domicilia,  contro  la
 provincia   di   Trento,  in  persona  del  presidente  della  giunta
 provinciale pro-tempore,  per  la  dichiarazione  dell'illegittimita'
 costituzionale  della  legge  della  provincia  autonoma di Trento 29
 aprile 1983, n. 12, recante "Nuovo  ordinamento  dei  servizi  e  del
 personale  della  provincia autonoma di Trento" e successive leggi di
 modifica ed integrazione 30 marzo 1989, n. 1, 23 febbraio 1990, n.  6
 e  24  gennaio  1992,  n.  5, laddove non prevedono che i rapporti di
 lavoro  del  personale  della  provincia  siano  disciplinati   dalle
 disposizioni  delle  sezioni  seconda  e  terza,  capo  primo, titolo
 secondo del libro quinto del cod. civ. e dalle leggi sui rapporti  di
 lavoro   subordinato  nell'impresa,  in  quanto  compatibili  con  la
 specialita' del rapporto  e  con  il  perseguimento  degli  interessi
 generali  nei  termini definiti dal l.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in
 attuazione  della  delega  della legge 23 ottobre 1992, n. 421; degli
 artt. 15 e 16 della legge provinciale n. 12/1983  in  relazione  agli
 artt.  2, lett. g), punto 1- b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e
 3 del d.lgs. 3 febbraio  1993,  n.  29;  dell'art.  157  della  legge
 provinciale  n.  12/1983,  in  relazione all'art. 2, lett.  q), della
 legge delega n. 421/1992 e poi artt.  54  del  d.lgs.  n.    29/1993;
 dell'art.  6  della legge provinciale n. 1/1989 in relazione all'art.
 2, lett. b), della legge delega n. 421/1992 e poi art. 52 del  d.lgs.
 n. 29/1993; art. 42 della legge provinciale 24 gennaio 1992, n. 5, in
 relazione  all'art.  2,  lett. q), della legge delega n.  421/1992, e
 dall'art. 54, quinto comma, del d.lgs. n. 21/1993; della legislazione
 provinciale tutta in materia di pubblico impiego sopra ricordata,  in
 relazione  alle  disposizioni  di  cui  ai  paragrafi  6, 7 e 8 della
 presente memoria; il tutto con  riferimento  all'art.  2,  secondo  e
 terzo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
    Come  e'  noto,  lo  statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige
 all'art.  11  attribuisce  alle   province   autonome   la   potesta'
 legislativa  cd.  primaria  -  art.  4  dello  statuto - in relazione
 all'ordinamento degli uffici provinciali  e  del  personale  ad  essi
 addetto:  tale  potesta'  deve  essere  esercitata  nel rispetto, fra
 l'altro, delle "norme fondamentali delle  riforme  economico  sociali
 della Repubblica".
    Con  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266, sono state dettate le norme di
 attuazione dello statuto per quanto concerne il rapporto tra gli atti
 legislativi statali e leggi regionali e provinciali.  Secondo  l'art.
 2, primo comma, detta legislazione deve essere adeguata ai principi e
 norme  costituenti  i limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto
 speciale e recati da atto legislativo  dello  Stato  entro  sei  mesi
 successivi  alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella  Gazzetta
 Ufficiale.
    Con legge 23 ottobre 1992, n. 421, fu data delega al  Governo  per
 la  razionalizzazione  e  la revisione delle discipline in materia di
 sanita',  di  pubblico  impiego,   di   previdenza   e   di   finanza
 territoriale.  Con  d.lgs.  3  febbraio  1993,  n.  29, il Governo ha
 esercitato la delega: al titolo primo ha dettato i principi  generali
 della materia del pubblico impiego ed al terzo comma dell'art. 1 ha -
 molto  opportunamente  -  chiarito  che  le  disposizioni del decreto
 costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione  e  che  i  principi  desumibili dall'art. 2 della legge
 delega, costituiscono per le regioni a  statuto  speciale  e  per  le
 province  autonome di Trento e Bolzano, norme fondamentali di riforma
 economico-sociale della Repubblica.
    Sono ormai trascorsi i sei mesi concessi dalle ricordate norme  di
 attuazione del d.lgs. n. 266/1992, senza che la provincia autonoma di
 Trento  abbia adeguato la propria legislazione in materia di pubblico
 impiego alle norme di profonda revisione  in  materia  dettate  dalla
 legge  delega  n.  421/1992,  cosi'  come  concretizzate nel d.lgs. 3
 febbraio 1993, n. 29 (in Gazzetta Ufficiale 6 febbraio 1993, n.  29),
 per  cui  il  26  ottobre  1993  il  Governo ha deliberato - delibera
 allegata  al  presenta  atto  -  di  adire   codesta   ecc.ma   Corte
 costituzionale  a  mente del secondo e terzo comma, art. 2, d.lgs. n.
 266/1992.
    I  motivi  di  contrasto  fra  la  legislazione  provinciale  ed i
 principi fondamentali sopra cennati sono di seguito illustrati.
    1. - La legge della provincia autonoma di Trento 29  aprile  1983,
 n.  12  recante  "Nuove ordinamento dei servizi e del personale della
 provincia autonoma di Trento"  e  successive  leggi  di  modifica  ed
 integrazione  (legge  provinciale  30  marzo  1989, n. 1, della legge
 provinciale 23 febbraio 1990, n. 6 e 24 gennaio 1992, n. 5), nel loro
 complesso risultano confliggenti con l'art. 2, lett. a), della  legge
 delega  n.  421/1992,  cosi' come attuato dall'art. 2, secondo comma,
 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nella parte in cui  non  prevedono
 che  i  rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  delle  amministrazioni
 pubbliche siano ricondotti sotto la  disciplina  del  diritto  civile
 (sezioni  seconda  e  terza,  capo  primo,  titolo secondo, del libro
 quinto del cod. civ. e  leggi  sui  rapporti  di  lavoro  subordinato
 nell'impresa),  in quanto compatibile con la specialita' del rapporto
 e con il perseguimento degli interessi generali.
    Conseguemtemente, tutta la normativa della provincia di Trento, di
 cui alle leggi sopra  indicate  in  materia  di  impiego  dei  propri
 dipendenti,  e'  incostituzionale  ove  in contrasto con le norme del
 secondo comma, art. 2, del d.lgs. n. 29 cit.
    2. - Gli artt. 15 e 16 delle legge provinciale n. 12/1983 relativi
 ai compiti dei dirigenti generali non  prevedono  esplicitamente  che
 agli  stessi  spetti  la  gestione  finanziaria di cui alla lett. g),
 punto 1, della legge delega n. 421/1992 ed all'art. 3 del  d.lgs.  n.
 29/1993.
    3.  -  L'art.  157  della  legge  provinciale n. 12/1983, relativo
 all'aspettativa per mandato sindacale non risulta adeguato  a  quanto
 previsto  dall'art.  2,  lett.  q),  della legge delega n. 421/1992 e
 dall'art. 54, quarto comma, del d.lgs. n. 29/1993.
   4. - L'art. 6 della legge provinciale  n.  1/1989  non  prevede  la
 possibilita'  di  sospensione degli accordi sindacali di cui all'art.
 2, lett. b), della legge delega n. 421/1992 e dall'art. 45 del d.lgs.
 n. 29/1993.
    5. - L'art. 42 della legge  provinciale  n.  5/1992,  relativo  ai
 permessi sindacali, non risulta conforme a quanto previsto in materia
 dall'art. 2, lett. q), della legge delega n. 421/1992 e dall'art. 54,
 quinto comma, del d.lgs. n. 21/1993.
    6.  -  La  legislazione  provinciale  sopra  menzionata si pone in
 contrasto con l'art. 51, terzo comma, del d.lgs. n. 29/1993,  laddove
 non  prevede  la  trasmissione  di  copia  dei  contratti  collettivi
 sottoscritti al dipartimento della funzione pubblica ed al  Ministero
 del  tesoro  e  nella  parte  in  cui  non prevede la possibilita' di
 avvalersi  dell'attivita'   di   rappresentanza   o   di   assistenza
 dell'agenzia  per  le relazioni sindacali, di cui all'art. 50, quinto
 comma, del d.lgs. in argomento. Si chiarisce che il terzo comma, art.
 51, sopra richiamato, si pone quale norma di specificazione  rispetto
 all'art. 2, punto b), della legge n. 421/1992, il quale non contempla
 una  disciplina differenziata per i contratti collettivi decentrati e
 prevede  genericamente  l'autorizzazione  alla   sottoscrizione   dei
 contratti   da  parte  del  Governo,  previa  trasmissione  da  parte
 dell'organismo tecnico.
    7. - La legislazione  provinciale  sopra  menzionata  prevede  una
 disciplina   degli  accordi  sindacali  difforme  rispetto  a  quella
 prevista dall'art. 2, lett. b), della legge delega  n.    421/1992  e
 dall'art.  45  del  d.lgs.  n. 29/1993, in quanto non disciplinano la
 composizione della delegazione di parte pubblica e di parte sindacale
 ai sensi dell'art. 45, ottavo comma, cit.
    8.  -  La  legislazione  provinciale  sopra menzionata non risulta
 adeguata ad altre norme fondamentali della legge n.  421/1992  ed  al
 d.lgs.   n.   29/1993,   perche'  non  prevede  la  disciplina  delle
 incompatibilita' tra l'impiego pubblico ed altre attivita'; i casi di
 divieto di cumulo tra impieghi ed incarichi pubblici; la verifica dei
 risultati dell'azione  amministrativa  mediante  appositi  nuclei  di
 valutazione;  un'area  di  contrattazione per la dirigenza medica; il
 contenimento dei costi  contrattuali;  non  prevede  che  l'esercizio
 temporaneo   di   mansioni   superiori  non  attribuisce  il  diritto
 all'assegnazione definitiva delle stesse; l'abolizione di trattamenti
 economici  accessori  non  collegati  alla   produttivita'   o   allo
 svolgimento  effettivo  di  attivita' disagiate, pericolose o dannose
 alla salute; la  comunicazione  all'amministrazione  di  appartenenza
 degli emolumenti corrisposti per gli incarichi conferiti al personale
 dipendente  ai  sensi  dell'art.  24 della legge 30 dicembre 1991, n.
 412; il divieto di procedere a nuove assunzioni in  caso  di  mancata
 rideterminazione  delle  piante  organiche  ai  sensi  della legge n.
 412/1991 cit.; il periodo di sette anni di effettiva permanenza nella
 sede di prima sistemazione; la mobilita' d'ufficio per  il  personale
 eccedente  che  non accetti la mobilita' volontaria e il collocamento
 in disponibilita'; il transito dei dipendenti degli enti  pubblici  a
 societa' private nel caso di trasferimento alle stesse delle funzioni
 dei  detti  enti  pubblici;  l'assunzione per chiamata numerica degli
 iscritti  nelle  liste  di  collocamento;  l'attuazione  della   pari
 opportunita'  ai  sensi  della  legge  10  aprile  1991,  n.  125; il
 completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni
 pubbliche.